jueves, 2 de octubre de 2008

AL CESARE CIÓ CHE É DEL CESARE (en Italiano)

Febbraio 2006

UNA PARTE DELLA BIOGRAFIA.

Se dovessi dare un titolo alla testimonianza della mia conversione, dopo cinquanta anni la chiamerei: “Dare a Cesare ciò che è di Cesare”.

Sono nato in una città italiana chiamata Pescara il 24/03/35. Tutto iniziò nel secondo semestre dell’anno 1954. Pensavo con preoccupazione che a Marzo dell’anno venturo avrei dovuto presentarmi alle armi, e sia per il trauma lasciatomi dalla seconda guerra mondiale, o per una naturale avversione al servizio militare, iniziai a pensare ad una forma per evaderlo.

Fra gli amici che frequentavo si sparse la voce che l’unico modo per evitarlo era di emigrare. Ci informammo e vedemmo che c’era la possibilità di andare in due o tre nazioni tra le quali il Venezuela. Siccome già alcuni amici erano emigrati lì, tre del nostro gruppo ci accordammo di andare insieme in questa nazione.

Iniziai a preparare i documenti necessari a tal fine e nacque una grande difficoltà. A quel tempo (1954) per emigrare era necessario il certificato di battesimo della chiesa cattolica. Pensai subito che questo sarebbe stato un problema irrisolvibile per me, poiché mio padre era contrario a questo rito religioso che praticano i cattolici ai bambini appena nati e dunque era logico che questo fatto avrebbe impossibilitato il mio viaggio per il Venezuela.

Ma Iddio è Colui che pianifica il nostro cammino come sta scritto nella Bibbia nel profeta Geremia 10:23 “O Eterno, io so che la via dell’uomo non è in suo potere, e che non è in potere dell’uomo che cammina addirizzare i suoi passi”. Infatti, io non sapevo invece che, tramite una mia zia, sorella di mio padre, la quale era una fervente cattolica, ero stato battezzato. (non sapevano che tutto questo stava nel piano di Dio per la mia vita) Ella aveva convinto mia madre a praticare questo rito ma tutti me lo tennero nascosto sino a quando sopraggiunse il problema per la difficoltà di non poter uscire dall’Italia senza questo documento. A quel punto i miei familiari mi rivelarono questo segreto e fu così che ottenni il certificato di battesimo richiesto in quell’epoca per espatriare.

Così mi presentai per la visita medica con i miei amici per emigrare per il Venezuela. Prima di partire fra i saluti e le lacrime di mia madre, mio fratello maggiore mi diede un Nuovo Testamento che misi nella valigia.

Arrivai in Venezuela nei primi mesi dell’anno 1955. Dopo alcuni mesi e imparare l’idioma, trovai lavoro come operatore di un impianto di ossigeno a Caracas nella Siderurgia Sivensa di Antimano. In quel tempo vivevo con una famiglia italiana nell’Avenida Andres Bello. Non avevo molte amicizie, dunque nelle mie ore libere mi dedicavo a leggere novelle di polizia, e avendo la mente allenata alla lettura già mentre leggevo le prime pagine riuscivo a capire chi sarebbe stato alla fine il colpevole o l’assassino della trama, e ciò mi toglieva l’interesse a seguitare la continuazione della lettura.

Fu così, che un pomeriggio decisi di cambiare la tipologia del libro da leggere e ricordai che il mio fratello maggiore quando partii per il Venezuela mi regalò un Nuovo Testamento dei “Gedeoni”. Così lo cercai nella valigia e mi disposi a leggerlo. L’intestazione recitava un verso del libro dei Romani 10:9 il quale diceva: “Perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore, e avrai creduto col cuore che Dio l’ha resuscitato dai morti, sarai salvato”.

In quel momento, mi misi a riflettere su questo passo biblico e mi chiesi: Ma io allora sono salvato? Sin da piccolo mi avevano parlato della resurrezione di Gesù e io credevo a tutto ciò! Allora ci fu in me una forte curiosità di continuare a leggere il verso successivo il quale diceva: “Infatti, col cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per esser salvati”. A questo punto mi domandai: Sarà che devo manifestarlo con parole mie che credo nella resurrezione di Gesù per essere salvo? Allora pensai che dovevo provare a manifestare con parole ciò che credevo.

Fu così che preparai nella mia mente una semplice confessione che in parte era la seguente: “Dio mio, io credo che tu hai resuscitato a Gesù dai morti”…..Ricordo che mi misi in piedi nella mia stanza e con voce udibile cominciai a ripetere queste parole e appena dissi: Dio mio…..al pronunciare solo queste due parole iniziai a piangere come un ragazzino, mi inginocchiai ai piedi del letto e continuai a piangere. Ma perché piangevo? Non me lo spiegavo! Non era un pianto di dolore bensì di allegria. Com’è scritto nell’evangelo di Luca 15:7, che vi sarà in cielo più allegrezza per un peccatore che si ravvede che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento.

Iddio non mi lasciò parlare, poiché Lui conosceva le intenzioni del mio cuore in quel momento. Non erano le parole in sé che davanti al Signore contavano, ma l’intenzione del mio proposito di aprirGli la porta del mio cuore. Lui aveva preparato tutto, mi tolse dal mio circolo giovanile, dalla mia patria, aveva provveduto per me quel certificato di battesimo che io non sapevo di possedere e che in seguito mi sarebbe servito per ottenere il passaporto, e questo non era tutto, adesso voleva mettermi in un luogo per formarmi spiritualmente.

Infatti, il giorno dopo della mia esperienza con il Signore (che accadde nei primi giorni dell’anno 1956), mentre andavo a prendere l’autobus per raggiungere il posto di lavoro, vidi in un giornale locale “Ultimas Noticias” , l’avviso di una riunione evangelica con il predicatore Luis Ortiz. Credo che fu la prima volta che comprai quel giornale!

Così dopo il lavoro m’informai per sapere qual era l’indirizzo del luogo per assistere alle riunioni all’aperto per qualche sera di questa comunità evangelica e poi mi informai l’indirizzo della chiesa dove cominciai a frequentare per formarmi spiritualmente. Mi comprai una Bibbia e cominciai a leggere dimenticando quel Nuovo Testamento dei “Gedeoni” che mi regalò mio fratello.

Da quel momento in poi, ogni volta che avevo la possibilità di testimoniare, mi rifacevo sempre con enfasi a quel passo biblico del libro dei Romani 10:9,10 essendo grato a Dio per il modo come Lui ha preparato tutto per la mia vita e a quell’incontro che Lui fece con me che mi permise di iniziare un nuovo cammino spirituale. Come sta scritto nell’evangelo di San Giovanni 15:16 : “Non siete voi che avete scelto me, ma sono Io che ho scelto voi, e vi ho costituito perché andiate e portate frutto”.

Nel frattempo, la Compagnia nella quale prestavo servizio, per questioni di lavoro mi inviò nella città di Puerto Ordaz. Lì tramite i due fratelli della fede, mi unii al gruppo dei Gedeoni Internazionali. Per molti anni continuai a testimoniare come il Signore mi aveva chiamato tramite quei due versi e di quel nuovo testamento che mi regalò mio fratello prima di partire e sempre ringraziai Dio per il potere salvatore della Sua parola.

Proprio in quest’anno (2006), la direzione dei Gedeoni Internazionali, chiese il nostro locale per una riunione annuale nella città di Puerto Ordaz. Mentre io pensavo a questa prossima riunione nella nostra chiesa, cominciai a rivivere la situazione di cinquanta anni fa, quando, tramite il Nuovo Testamento di questa organizzazione internazionale il Signore mi chiamò.

Sino a quel momento non mi era mai passato per la mente che anch’io ero frutto dello sforzo di questa organizzazione. Già che un Gedeone molti anni fa aveva messo nelle mie mani quel nuovo testamento, e mai pensai al grande sforzo di questa organizzazione per la distribuzione, le spese che sostengono per la stampa e per l’invio di questi esemplari, in varie nazioni tra le quali l’Italia, che per me furono il mezzo diretto per ricevere la chiamata del Signore attraverso quei due versi.

Dopo cinquanta anni da quel lontano 1956, mi si accese la lampadina dei ricordi e ringraziai il Signore per quel regalo del Nuovo Testamento dei Gedeoni, poiché attraverso ciò, il seme della fede germogliò meravigliosamente nella mia vita. Per questa ragione al principio scrissi che per dare un titolo alla mia testimonianza, dopo cinquanta anni, io penso che il più esatto dovrebbe essere: “Dare a Cesare ciò che è di Cesare”. Ossia ai Gedeoni ciò che appartiene ai Gedeoni.

Tradotto per: Maria Spinella
Che il Signore benedica la Sua opera.

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